Quando viene dicembre con quel suo certo non so che, porta con sé un tempo lento lento e un sacco carico di domande.
Mi sono chiesta spesso se io sia felice, o lo sia mai stata e cosa sia la felicità.
In un incessante affannarsi di aspirazioni e desideri, in balia di un’altalena di ansia di controllo e mania di stolta perfezione, a volte mi è passata accanto, sfiorandomi leggera senza che potessi rendermene conto.
Altre, invece, mi ha così tramortito, sballottato, spiazzato da scivolare via, ma Lei beffarda, burlona, bizzosa e sorniona ha fatto capolino per tornare.
Durante attimi di abbracci improvvisi, sorrisi involontari e parole gentili.
Assaporando l’odore di codici antichi e cibando lo spirito degli occhietti ridenti di bambini che ascoltano rapiti favole antiche e nuove.
Al cospetto di paesaggi mozzafiato, di silenzi assordanti in riva al lago, o in tramonti cullati dalle onde del mare quando magari l’Anima vacilla.
Di fronte alla poesia della neve che cade senza far rumore, al vapore di un pasto caldo e sicuro, a un piccolo nido senza giardino ma che profuma di amore vero e di famiglia, la mia, a canzoni e libri che sussurrano salvezza.
La felicità non deve avere dimensioni particolari, non è per forza smisurata o immensa, non è sempre palpabile, ma se si chiudono gli occhi, ci si ferma a respirare lentamente e profondamente tendendo l’orecchio possiamo ascoltarne il canto.
Ho visto comprarla.
Ho visto rinchiuderla.
Ho visto venderla.
Ho visto nasconderla.
Ha tanti nomi, camaleontica e multiforme!
Ma che sapore ha?
Chi sa cos’è la felicità lo dica.
Ringrazio gli albi illustrati, tanto bistrattati da puristi dell’ultima ora, ma che rispondono sempre e specialmente a ciò che non oso chiedere.