STORIA DI DUE ANIME/ ALEX LANDRAGIN (Nord, 2020)

Le nostre anime non sono forse costantemente protese le une verso le altre alla ricerca della libertà di scambiarsi?

Che cosa fareste se aveste la possibilità di entrare nella vita o nell’anima di qualcun altro? O meglio accettereste questa possibilità?

Esiste davvero una forza in grado di unire due entità in una singola?

Le Anime si riconoscono effettivamente?

Queste domande mi hanno accompagnato durante la lettura di Storia di due anime, proposta per il mio gdl Una per tutte tutte per una.

Una storia all’inizio forviante, se, come chiarisce l’autore nella prefazione con un espediente di manzoniana memoria, letta secondo lo scorrere delle pagine così come sono costruite; ipnotica e rivelatrice invece secondo l’ordine della baronessa, che l’ha sapientemente disseminata di manicule e rimandi che tracciano la strada maestra.

Una sorta di caccia al tesoro letteraria in cui ogni tassello è svelato a piccoli passi in un crescendo di curiosità senza mai esaurirsi completamente.

Non banalmente un thriller storico, né una spy story – i manoscritti c’entrano fino a un certo punto – ma un racconto nel racconto libero da qualsiasi cliché o imbrigliatura in un genere piuttosto che un altro.

Tre racconti – L’educazione del mostro, La città fantasma e I racconti dell’albatro – per tre voci narranti rispettivamente Charles Baudelaire, Walter Benjamin e Alula.

Una sola certezza: due anime, due grandi protagonisti, Alula stessa e Koahu che s’inseguono rincorrendosi attraverso tre secoli e mezzo mondo, solcando terre e oceani per poi tornare a Parigi in un andirivieni di scene, colori e sfumature.

Parigi, la terza protagonista, descritta con precisione cinematografica tra i fasti della Belle époque e gli orrori dei due conflitti mondiali, segnata dai delitti di un efferato assassino, il misterioso, diabolico e crudele antagonista di Alula.

Alula, che rimane inafferrabile e spesso evanescente, con cui non sono riuscita a empatizzare fino in fondo, come del resto con il dispiegarsi della trama, che rimane vincente per l’originalità dell’assemblaggio, per l’abbondanza dei dialoghi e dell’azione che non si perde mai in inutili descrizioni, sempre giuste e fortemente connotative, ma che difetta di pathos, di anima appunto.

Lo scotto che l’autore, pur nella genialità, ha pagato allo Show, don’t tell anche quando affronta con mani quasi fatate temi altamente etici come lo scambio, non banalmente metempsicosi – non spoilero oltre – la tratta degli schiavi, i profughi di guerra, i maltrattamenti e le relative punizioni fisiche.

Leggerezza, d’accordo, planare sulle cose dall’alto, benissimo, ma credo che queste Anime, soprattutto Koahu, meritassero molto di più!

Buona la prima, ma ad maiora!

E grazie a Giulia per avermi suggerito questa lettura!

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