Manoscritti stellari

Buonasera Librincantevoli,

siete pronti a viaggiare con noi tra le stelle?

Letteralmente intendiamo, perché i pezzi forti di oggi sono due manoscritti stellari.

Ecco a voi, Siore e Siori, Ladies and gentlemen, Madame et Monsieur, mein Damen und Herre, Damas y Caballeros etc., l’Aratea di Harley e l’Aratea di Leida.

Chi? mbè? Che cosa li rende stellari?

L’argomento prima di tutto perché entrambi sono due traduzioni, la prima di – reggetevi forte – Cicerone, la seconda di Germanico, del trattato di astronomia più importante dell’antichità, i Phaenomena di Arato di Soli, poeta greco attivo nel III sec. a. C.

Harley, dal cognome della famiglia di collezionisti inglesi che lo acquistò nel 1704 – lo chiameremo così per praticità – riposa oggi presso la fantasmagorica British Library con il nome in codice Ms. 647, copiato-  pensate un po’ – nel IX sec. d. C., e presenta il testo di Cicerone, sotto forma di calligrammi, che fanno da didascalia alle immagini. 

Sì, esatto, abbiamo proprio detto calligrammi, ossia componimenti poetici creati ad hoc per essere letti, guardati e rimirati.

Il testo è costituito dagli Astronomica di Igino, scrittore ed – ehm ehm – bibliotecario vissuto a cavallo tra I sec. a.C. e I d.C., mentre le immagini raffigurano costellazioni e corpi celesti.

Stellare per l’appunto come il fido compare di Leida, custodito presso l’omonima biblioteca universitaria con il nome in codice Voss. Lat. Q 79.

Copiato intorno nel IX secolo d. C., in piena età carolingia, forse per il re Ludovico il Pio, su 99 fogli di pergamena, contiene 39 miniature a piena pagina di cui una del sistema planetario tolemaico con la Terra al centro.

Sic itur ad Astra, diceva Virgilio, siete pronti a salire sulle stelle con noi?

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