Excrucior, quanta potenza in unica parola!
Cardine del celeberrimo carme 85, collocata per una maggiore enfasi in clausola, composta dal prefisso ex + il verbo crucio, coniugato in forma passiva che a sua volta condivide la stessa radice di ‘crux’ ‘croce’.
Il prefisso, derivante dalla medesima preposizione ‘da’, rivela interamente la profondità della provenienza del tormento, conferendo alla voce verbale valore altamente intensivo, cui contribuisce foneticamente il ricorso di più consonanti che nella pronuncia crea un suono chiuso e raschiante.
Crucio, inoltre, termina in ‘or’, desinenza della prima persona in diatesi passiva, per evocare lo sbilanciamento nel rapporto tra donna amata e poeta, tra Lesbia e Catullo che subisce lo struggimento odio- amore come vittima sacrificale.
Si tratta, infatti, di una sofferenza viscerale, violenta, aberrante, così urticante da umiliare e straziare l’anima e il corpo.
In virtù di ciò, Catullo sceglie per esprimere il concetto di ‘tormento’ proprio crucio perché la ‘crux’, o meglio la crocifissione, era una delle più temute modalità di comminare la pena di morte presso gli antichi.
Azzardo nello scrivere che forse J. K. Rowling si sia ispirata in particolare all’Excrucior di matrice catulliana per ideare la maledizione Cruciatus e l’annessa formula evocatoria ‘Crucio’ come strumento di tortura preferito dai Mangiamorte in Harry Potter.
Ringrazio il dottor Pierluigi Finolezzi, portavoce del team di ‘Clinamen_periodico’, rivista di divulgazione culturale, per avermi dato la possibilità di incontrare ancora una volta l’Odi et amo catulliano e di parlare della parola che da quando studio e lavoro con la classicità ha saputo farmi innamorare.
Non dimentichiamo da dove veniamo bella gente,
Vale
