L’ARTE DI SAPER FALLIRE: COSA FARE QUANDO TUTTO VA MALE / ELISABETH DAY (BEAT, 2021)

Ma la sofferenza tocca il limite e così cancella tutto

E rinasce un fiore sopra un fatto brutto

Negli ultimi dieci giorni non ho fatto altro che arrovellarmi per cercare di capire come potervi trasmettere le mie impressioni su questa lettura, della schiera dei cosiddetti libri ‘sottiletta’, quelli che si leggono in un battito di mani, esaltanti e disturbanti con dosi equamente ripartite.

E mi risuonavano in testa, anzi mi martellavano in continuazione, svariati versi di Vita dell’insuperabile duo Dalla-Morandi.

Sì questo libro, alla fine della fiera, è una celebrazione della Vita , delle sue beffe, dei suoi schiaffi, dei suoi metodi molto discutibili, come gli attacchi d’ansia, che ci fanno precipitare rotolandoci, sfiancandoci, ma rendendoci in sostanza liberi di essere noi stessi e di apprezzare a pieno le sue carezze, solo se la finiamo di correre come dei forsennati e se ci fermiamo ad ascoltare la nostra essenza.

E’ proprio ciò che ha fatto Elisabeth che, reduce dall’ennesimo aborto e dalla fine del proprio matrimonio, ha speso le proprie forze per reinventarsi, abbracciare e non rifiutare il cosiddetto fallimento della sua esistenza, diventando la porta bandiera della failosophy sintetizzata in queste pagine non solo attraverso sette principi chiave, ma con testimonianze di Anime che hanno avuto il coraggio di raccontare durante alcune puntate del podcast How to fail with Elisabeth Day condotto da lei la rinascita dopo Discese agli Inferi di qualsiasi forma ed entità.

Una catarsi attraverso il pathei matos, ‘imparare soffrendo’, come ha scritto Eschilo.

Se Elisabeth non fosse caduta, non si sarebbe rialzata più forte di prima raggiungendo un successo planetario, se io non fossi caduta, non avessi smesso di combattere e saputo accogliere e coccolare le mie piccole cose interrotte, non sarebbe nata questa pagina, non mi sarei mai riconciliata con la me bambina, timida e per questo bullizzata, imbrigliata da sempre tra la paura di tradire le cosiddette e presunte aspettative altrui e la volontà di scrollarsi di dosso stupidi, medievali cliché imposti dalla società solo perché Donna .

Quella bambina che oggi sorride delle tante imperfezioni che la rendono Unica e che sa che la sensibilità di cui è dotata non è una condanna, ma la sua più grande arma.

Il fallimento ci ha scarnificato, riducendoci all’essenziale per ricostruirci , scaraventandoci a terra e facendoci finalmente volare, distruggendo una volta per tutte quelle maledette catene.

Un pianto liberatorio, un esame di coscienza grazie al quale poter affermare:- Sì, adesso vivo davvero, ce l’ho fatta.

Perché: ”Più scura è la notte, più luminose sono le stelle”, per dirla con Dostoevskij.

Grazie Vita, grazie Marila tu sai perché…

Buon viaggio a tutti…

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