BRUNO: IL BAMBINO CHE IMPARO’ A VOLARE/ NADIA TERRANOVA; OFRA AMIT (Orecchio Acerbo, 2012)

Poiché aveva imparato a vivere con una testa abnorme, Bruno conosceva le parole giuste per trasformare le diversità in opportunità.

Può un albo illustrato rendere in maniera poetica la tragedia dell’Olocausto e trasmetterla con delicata potenza ai più piccoli?

La risposta è assolutamente sì.

Leggere della storia di Bruno Schulz, uno dei più grandi scrittori e illustratori al mondo, ahimè poco noto e traduttore di Kafka, è stato come compiere un volo sulle ali fragili, ma al contempo forti di una farfalla in un tempo sospeso tra sogno e realtà.

Il primo evocato da tinte pastello su sfondo ocra con cui la bravissima Ofra Amit ha riportato alla mente la dimensione del ricordo e dell’infanzia, perché tonalità dominante del pavimento della bottega del papà del piccolo Bruno, scomparso prematuramente; la seconda sussurrata da schizzi chiaroscurali, da figure simili a ombre che richiamano il NULLA, il VUOTO, l’ORRORE scolpiti a mo’di epigrafe sulle immagini dominanti, ma mai del tutto esplicite.

Immagini surreali, o forse oserei dire fluttuanti, addirittura simili a quelle di Chagall che raccontano di una terribile favola vera, di un singolo uomo, un bambino, ebreo e polacco, dal corpo esile e dalla testa abnorme che ha sfornato pensieri capaci di diventare ali e sfidare la morte, il pregiudizio attraverso disegni che profumano di eternità perché come ha scritto Liliana Segre: – E’ solo la memoria che ci rende liberi’.

E’ solo la memoria che può liberarci dalle catente.

Un albo che nel silenzio fa un rumore assordante, che soffia il cuore…

Lasciatevi accarezzare e trasportare via leggeri leggeri…

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