LE LETTERE DI ESTHER / CÉCILE PIVOT (Rizzoli 2022)

Da cosa ti difendi?”. Se ne avessero avuto voglia, avrebbero risposto brevemente di fronte agli altri. Mi piace questa domanda, perché sono convinta che tutti noi ci difendiamo da qualcosa.

Vi piace scrivere Librincantevoli?

Io lo trovo da sempre rasserenante, una sorta di prosecuzione del mio Io, il mezzo più potente grazie al quale riesco a liberarmi da ogni catena.

E toccare la carta, assaporarne l’odore, impugnare la penna, tracciare ogni singola lettera e legarla l’una all’altra è conturbante, un miracolo sconvolgente in un’era in cui tutto è tecnologica frenesia.

Capite bene come non abbia potuto resistere al richiamo di questo libro che a poco a poco ha scorticato la mia anima, attonita e sbalordita fino alla commozione di fronte a quelle di Jean, Jeanne, Samuel, Nicolas, Juliette, perfetti sconosciuti coinvolti da Esther, libraria di Lille mediante un annuncio su un giornale, a partecipare a un laboratorio di scrittura.

Solo in apparenza un esperimento letterario, in realtà una vera e propria terapia umana che porta ognuno di loro a scrivere all’altro scegliendosi casualmente, amici/ a volte nemici di penna cui affidarsi e di cui fidarsi senza maschere, spogliandosi completamente e rivelandosi nella propria essenza fatta di splendide cicatrici, tormentosi ripianti, differenti verità e meravigliose imperfezioni.

Ognuno temporaneamente ospite privilegiato della vita dell’altro, senza giudicare mai, perché è più facile svelarsi a qualcuno che non si conosce, è più accattivante immaginarne le fattezze attraverso le parole.

Parole roboanti, a volte fastidiose, a volte carezzevoli, a tratti ironiche parallelamente ai colori delle storie che gridano autentiche esistenze e cui Esther stessa, come sorta di capo comico di questo teatro umano, non può restare immune.

Un crescendo emozionale, di pagina in pagina, che attraversa il dolore e affronta muri contro i quali capita sbattere. Quel dolore che disorienta, ma che arricchisce, perché fortunatamente parla una lingua universale e infinita. Quel dolore che invita al silenzio, all’ascolto per rinascere – ah magari – in un tempo lento lento e all’incontro.

Grazie Elisa, tu sai

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