APOLOGIA DELLE MATERIE INUTILI. VIAGGIO SEMISERIO ATTRAVERSO ALCUNE DISCIPLINE «CHE NON SERVONO A NIENTE» / FRANCESCO COCORULLO (Porto Seguro, 2020)

E se’l mondo là giù ponesse mente

al fondamento che natura pone,

seguendo lui, avria buona la gente.

Ci sono delle volte in cui a chiamarti sono dei libri scritti appositamente per te.

Quei libri di cui, non lo facevo da decenni, non puoi fare a meno di sottolineare le frasi che ti trapanano l’anima.

Quante volte, come Francesco, l’autore di questo magistrale libello mi sono sentita dire, più che chiedere:- Potresti optare per qualsiasi scelta universitaria, perché Lettere Classiche che offre pochi sbocchi?-

La risposta nella su citata frase di Dante:ʺSe il mondo, Italia in primis, pensasse di più alle inclinazioni individuali e ai talenti – talento in latino significa per l’appunto dono –  sarebbe un posto miglioreʺ.

E partendo da questa riflessione Francesco, da novello Cicerone per nulla saccente, sale con garbo, eleganza e sottile ironia sui rostri per difendere una per una le diverse e così bistrattate discipline umanistiche, di cui l’Italia è figlia più di ogni altra nazione, includendo  a ragione anche lingue vive considerate di Serie B (mah!) come quelle nordiche.

E lo fa parlando della propria esperienza personale: lui che, negato in educazione fisica, ma profondamente innamorato di Ovidio, della storia e della filosofia, conosce quattro lingue, incluse le  inutili, grazie alle quali ha intrapreso una brillante carriera lavorativa.

Perché se la scienza trova le risposte, è proprio l’umanista a porre le domande giuste.

Rivoluzionario il suo punto di vista per cui Umanesimo e Scienza non sono rivali, bensì complementari.

Un excursus assolutamente vincente, fresco, scoppiettante, ma mai polemico, intriso di uno stile attualissimo, impeccabile e luminoso che non sfocia, come per altri che vi hanno tentato, in una storia della storia della letteratura.

Qui c’è quel quid di meraviglia in cui ogni elemento è perfettamente incastrato al posto giusto, aggirando l’ovvio, non reiterando il risaputo, aprendo strade, sondando il possibile.

Chapeau e, come ripeto da anni, per aspera ad astra e ancora un’altra volta sì!

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