Aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più,
se sposti un po’ la seggiola stai comodo anche tu…
Ed è esattamente ciò che ho fatto io cogliendo il terzo invito di Platone a sedermi a banchetto presso l’abitazione del tragediografo Agatone ascoltando in religioso silenzio gli scambi tra svariati pezzi grossi della civiltà della Grecia classica, tra cui Socrate e il mio adorato Aristofane, circa la vera natura e definizione dell’Amore.
Pur avendo già ascoltato, traducete letto, le varie posizioni, ogni volta mi sembra di cogliere una sfumatura diversa e a colpirmi sono stati proprio Socrate e Aristofane.
Il primo perché delinea romanticamente Amore, attribuendone la paternità a Penia, ‘Povertà’, e a Poros, Ingegno.
Il secondo ai miei occhi si è rivelato di una modernità disarmante, ma del resto è proprio per questo che ho sempre ritenuto superiore la cultura greca a quella romana.
Secondo Aristofane, infatti, in origine gli uomini erano congiunti gli uni agli altri tramite pancia e petto e di tre generi: il maschile, il femminile e l’androgino.
Esseri perfetti che, macchiatisi di Ubris ‘tracotanza’ agli occhi di Zeus, vennero separati per sempre rendendoli più deboli e destinandoli a cercare per sempre l’altra metà.
Zeus allora impietositosi mandò loro Amore affinché ricostruissero l’Unità perduta.
Questo è il motivo per il quale la nostra natura antica era così e noi eravamo tutti interi: e il nome d’amore dunque è dato per il desiderio e l’aspirazione all’intero.
Perchè come scrive Erri De Luca ”Quando saremo due non avremo metà, saremo un due che non si può dividere con niente, uno sarà l’uguale di nessuno e l’unità consisterà nel due.
Quanto possono insegnare i tanto deprecati e bistrattati classici!
A rileggere il presente, ad aprire la mente perché il mito delle due metà insegna come qualsiasi forma di amore sia un’occasione di scambio e di crescita tra due persone.
Come del resto la sua cifra stilistica: creazione multiforme, eclettica, a tratti mimetica dello status sociale dei personaggi a tratti quasi lirica in un periodare di ampio respiro inframezzato da frasi spezzettate che creano vivacità.
Un Cicerone-Seneca ante litteram!
La perfezione nell’amalgamare gli opposti dal cui incontro nasce l’Armonia.
Buon banchetto a tutti!