AVEVANO SPENTO ANCHE LA LUNA / RUTA SEPETYS (Garzanti, 2011)

Era più difficile morire o essere fra i sopravvissuti? Io avevo sedici anni, ero un’orfana in Siberia, ma conoscevo la risposta. Era l’unica cosa di cui non avevo mai dubitato. Volevo vivere… C’erano solo due possibili esiti in Siberia. Il successo significava sopravvivere. Il fallimento significava morire. Io volevo la vita

Il libro di cui vi parlo oggi, cari Librincantevoli, fa parte di quelle pagine che hanno il potere di schiaffeggiare l’anima con un linguaggio semplice, diretto e per niente polemico, pur nella sua tragica intensità.

Concentrata in capitoli stringatissimi di appena tre pagine – espediente che riesce a tenere sempre viva l’attenzione del lettore – si dipana la storia di Lina, una giovane quindicenne, che viene deportata con la mamma e il fratellino Jonas in diversi gulag siberiani, non tanto perché il papà è rettore universitario, ma perché lituani.

In una continua altalena tra oscuro presente e luminosi flashback del passato, messo graficamente in rilievo sui fogli con il corsivo, la vicenda mi ha attraversato come le scariche di un mitra tanto da farmi provare tutte le sensazioni della protagonista: sgomento, paura, terrore, rabbia, odio, amore, affetto, gioia e perfino la fame.

Il passaggio in cui Lina dice di non aver tempo di lagnarsi perché deve mangiare le barbabietole che detesta o il tabacco perché sono l’unico cibo a disposizione è stato devastante.

Mi ha ricordato, con tutto il rispetto e le dovute differenze, i racconti dello sfollamento di mia nonna che durante la seconda guerra mondiale mangiava tabacco per placare i morsi della fame, perché spesso c’era solo quello a disposizione.

Quanto siamo fortunati oggi! Questo libro, infatti, è una celebrazione dell’amore per le piccole cose, che diamo sempre per scontato, e un inno alla vita.

 Sì perché Lina, pur nella sofferenza estrema, nei maltrattamenti e nelle privazioni, non perde mai la voglia di inseguire i suoi sogni, fra tutti quello di diventare una grande pittrice come il suo idolo, Munch. E’ un tutt’uno con i fogli da disegno, la sua mano è una loro prosecuzione, disegna dappertutto e con qualunque mezzo.

Il disegno rappresenta la sua essenza e il suo attaccamento alla vita. Le hanno tolto tutto, le hanno lasciato solo il buio e il freddo, ma lei vuole vivere. Ad ogni costo.

Tra tutti i personaggi è la sola a non perdere la speranza e per questo mi ha ricordato che, a volte, è proprio sperare a salvarci la vita. Come ha scritto il mio amato odiato Seneca:- Anche se il timore avrà sempre più argomenti, tu scegli la speranza. –

Sempre!

Speranza, libertà e dignità umana.

Ebrei, popoli baltici, asiatici o altro non c’è differenza. Tutte vittime innocenti di bestie impazzite assettate di potere.

Non dimenticherò mai durante la mia visita al museo di storia estone di Tallin nel 2015 le foto dei due milioni di persone che afferrandosi per mano hanno chiesto pacificamente l’indipendenza.

Se insegnassi italiano, cercherei di sensibilizzare con letture simili i miei studenti.

Perciò…

Grazie a te Lina, novella Anna Frank, e a tutte le vite che si nascondono dietro al tuo nome!

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