“È così spiacevole essere poveri!” sospirò Meg, abbassando lo sguardo sul suo vecchio vestito.
“Non è giusto che alcune bambine possano avere tutto ciò che desiderano e altre non abbiano niente”, aggiunse la piccola Amy, tirando su con il naso con aria offesa.
“Ma abbiamo il papà e la mamma, e la compagnia una dell’altra”, disse Beth compiaciuta dal suo angolo.
Amo questi due romanzi di un amore assoluto che dura ancora oggi, che sono una giovinetta stagionata, tanto che almeno una volta all’anno li riprendo in mano per buttarmi a capofitto nel mondo delle sorelle March. Le mie preferite sono da sempre, udite udite, Beth ed Amy: la prima perché, pur essendo la più mite delle quattro, ha una forza d’animo e una sensibilità senza pari che le consentono di affrontare con imperturbabile serenità le privazioni e le dure prove che la vita le riserva, oltre a riuscire a indossare , come se fossero suoi, ‘i panni’ di tutte le persone che la circondano, rimanendo sempre fedele a se stessa. Amy, invece, subisce una vera e propria metamorfosi nel corso della storia: da bambina capricciosa e viziata si trasforma in una giovane donna spogliata di qualsiasi ambizione, concreta, matura e sorprendentemente generosa. Ho sognato e sogno tutt’ora di visitare i luoghi che lei ha conosciuto durante i suoi viaggi in Europa. Un posto speciale nel mio cuore è occupato da Laurie, il giovane benestante vicino di casa della famiglia March, che, da solo e introverso, diventa il socievole, burlone fraterno punto di riferimento delle ragazze e della loro madre. Da bambina avevo addirittura una vera e propria cotta per lui!
Rileggendo il libro, da grande ho capito quanto possano essere da esempio le sorelle March perché riescono a trovare sempre il buono pur nelle loro piccole disgrazie e per me costituiscono un porto sicuro in cui rifugiarmi.
Spero che se un giorno avrò una figlia appassionata di lettura, riuscirò a trasmetterle l’amore verso queste ragazze tanto lontane nel tempo, ma comunque così vere e autentiche.
