Quando riguardo questa foto mi viene in mente l’omonima canzone della strepitosa Elisa.
A cavallo tra fine ottobre e primi di novembre 2020, in pieno coprifuoco con le attività chiuse, ho riscoperto l’amore per le escursioni e una voglia indescrivibile di immergermi completamente nella Natura.
La più sublime delle opere d’arte, per giunta gratuita!
E così una domenica con mio marito e mia sorella abbiamo deciso di inebriarci di foliage e siamo partiti alla volta di Forca d’Acero.
Valico dell’Appennino centrale posto a 1538 metri d’altezza, crocevia tra Lazio e Abruzzo e le province dell’Aquila e di Frosinone, di cui rappresenta l’unica porta d’accesso al Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
Meta di sciatori, ciclisti, motociclisti, famigliole o semplicemente di chi vuole trascorrere giornate all’aria aperta, in compagnia di buon cibo presso il rifugio, o di frate capriolo e cervo– mai visti in tanti anni, fatta eccezione per qualche dolce e simpatico scoiattolino-.
Il versante laziale, per l’appunto, è occupato da faggete dai meravigliosi colori: rosso, arancione, amaranto, giallo che si mescolano come in un dipinto di Monsieur Monet.
Impossibile non rimanerne affascinati.
E lì il tempo appare come sospeso, tutto si ferma in un rapimento estatico ad ascoltare la danza dei rami che, come silenziosi maestri, accolgono i nuovi visitatori.
Ho sempre trovato catartico correre tra le foglie, ascoltare il loro scricchiolio, come una segreta sinfonia.
Da bambina, infatti, facevo a gara con le mie amichette a raccoglierle, collezionarle e a dividerle per grandezza, forma e colore.
Riempivo cassetti e pagine dei libri di sogni.
Da grande ho capito che, in realtà, raccoglievo felicità.
Senza pensieri, l’anima osa, è lì che si perde e poi si ritrova.
Provare per credere.